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Vecchio 22-11-2005, 14.47.48   #1276
dave4mame
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beh... tanto per dirne una è il primo governo che non può permettersi di finanziare il disavanzo stampando moneta o ricorrendo a svalutazioni.

non che sia una risposta esaustiva, sia ben chiaro....
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Vecchio 25-11-2005, 12.23.32   #1277
nikzeno
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Bocciatura preventiva per l’Unione
Dall’Economist voti bassi al governo
Tra i ministri salvati Moratti, Martino e La Malfa. «Pannella uno dei pochi liberali»



MILANO - L’Italia resta in una fase di «lungo e lento declino». Le cose da fare sono ancora molte. In cinque anni per The Economist è cambiato poco. «Avevamo detto che Berlusconi era inadeguato per guidare il Paese, e oggi lo confermiamo. Le cose non sono molto diverse». Il giudizio del settimanale britannico sullo stato di salute dell’economia del Paese è impietoso, e non lascia spazio all’ottimismo.
«Addio, Dolce Vita», così l’Economist ha titolato l’analisi sull’Italia, in cui mette in luce le troppe lacune del governo nella gestione della finanza pubblica, nelle riforme, nel processo di liberalizzazione del mercato. Ritardi che non hanno giustificazione: «Tremonti - scrive l’ Economist - aveva dato la colpa della debolezza dell’economia all’11 settembre. Adesso che è tornato a guidare il ministero dell’Economia la colpa è dell’euro e della Cina». Il settimanale non se la prende solo con il governo Berlusconi. Anche Romano Prodi potrebbe risultare «unfitted» per guidare l’Italia. «Se riuscirà a vincere - spiega John Peet, responsabile delle analisi sull’Europa e autore del survey -, Prodi troverà difficile introdurre riforme. La sua coalizione abbraccia nove partiti, alcuni dei quali ostacoleranno ogni cambiamento». La verità per Peet è che nessuno dei due grandi raggruppamenti della politica «offre molte speranze a quelli che credono che il Paese abbia bisogno di grandi e dolorose riforme». E allora l’Italia rischia di fare la fine di Venezia, «rimasta seduta troppo a lungo sui successi del passato, e oggi è poco più che un’attrazione turistica».
L’Economist riconosce tuttavia che alcune cose positive sono state fatte. Il governo, scrive, è stato «coraggioso» nella riforma delle pensioni e del mercato del lavoro. Anche università e ricerca hanno fatto passi avanti. In politica estera, aggiunge, l’opera del governo può essere considerata come un successo. Salva dunque Roberto Maroni (al quale però non risparmia critiche per aver proposto l’uscita dell’Italia dall’euro), Letizia Moratti e soprattutto Gianfranco Fini: «Un uomo da tenere d’occhio». Il ministro degli Esteri, per l’ Economist , è il più probabile successore di Berlusconi se il centrodestra dovesse perdere le elezioni: «Casini è un candidato possibile ma per la leadership è più plausibile Fini».
L’unico leader più popolare del presidente di An, riconosce Peet nella sua analisi, è Walter Veltroni, «figura di rilievo nazionale» e «sindaco di successo a Roma». Al di là dei progressi fatti, resta comunque il nodo delle mancate riforme. Peet ha notato positivamente l’impegno di «Giorgio La Malfa con il piano di Lisbona» per rilanciare l’economia e accelerare le liberalizzazioni. A La Malfa riconosce inoltre di essere alla guida di uno dei pochi partiti liberali, sebbene molto piccolo. Ci sono anche i Radicali di Pannella, prosegue l’ Economist , segnalando tuttavia che non sono presenti in Parlamento. Per ripartire «serve un accordo di programma tra le coalizioni» ha suggerito l’ex commissario Ue Mario Monti, intervenuto ieri alla presentazione del survey .
La foto dell’Economist , ha riconosciuto il presidente di Telecom, Marco Tronchetti Provera, «è corretta. Ma ora guardiamo avanti. L’Italia sta recuperando credibilità all’estero e sul fronte delle riforme vedo segnali incoraggianti». Credibilità che, tuttavia, secondo Peet ha avuto una decisa battuta d’arresto per le vicende delle Opa bancarie: «Fazio ha fatto a pezzi la credibilità di Bankitalia, una delle poche istituzioni affidabili del Paese». Anche se, ha fatto notare ieri il presidente del San Paolo Imi, Enrico Salza «l’ Economist riconosce un’evoluzione positiva del sistema bancario».

Corriere
La scheda
Il commento dei politici
Il commento di Beppe Severgnini
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Vecchio 25-11-2005, 12.35.23   #1278
Flying Luka
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(Y) Ottima analisi. (Y)
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Vecchio 25-11-2005, 14.22.55   #1279
Lionsquid
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Lionsquid promette bene
salvata la moratti???


avrei da ridire
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... questi politicanti, ex fascisti, ex leghisti, piduisti a tempo pieno usano la crisi per rafforzare il loro potere ed eliminare gli altri, dalla magistratura, al Parlamento, alla Corte dei conti, alla presidenza della Repubblica....
Beppe Grillo
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Vecchio 25-11-2005, 14.34.26   #1280
Robbi
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salvata la moratti???
avrei da ridire
Ummhh!

anch'io!
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Vecchio 25-11-2005, 14.38.43   #1281
Dav82
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Quando dicono che né da una parte né dall'altra ci sono delle buone prospettive, purtroppo dicono la verità


Sull'università e l'istruzione invece non hanno capito una beneamata mazza! Ormai l'università è diventata un'industria: entrano alunni che non sanno, e si programma di farli uscire dopo X anni in modo che sappiano K informazioni... ma sono solo nozioni, non ci si preoccupa di dar loro quella conoscenza, quell'inventiva, quella dinamicità che tanto servirebbero... li si infarcisce di nozioni per superare il compitino (nozionistico e macchinoso al massimo, conti conti conti, sembra quasi una gara a chi li fa più velocemente => è il più bravo) e finita lì... non c'è "insegnamento" c'è solo un riversare conoscenze per riempire la testa dell'alunno, per farlo produrre, per insegnargli come si usa un determinato software, come si fa ad affrontare uno specifico problema... e questo è mirato alla produzione, immediata, appena si finisce di studiare... fa niente se poi, quando ci si trova davanti ad un problema anche solo leggermente differente, si va nel pallone e non si sa da dove partire... perchè è così: si è imparato che per risolvere un problema bisogna fare A, poi B, poi C: ma non si sa perchè si fanno A, poi B e poi C, si sa solo che bisogna far così. Se invece per caso capita che fra B e C si debba fare D, aiuto! Potete pure abbandonare l'idea di risolvere il problema, o dovete sperare di trovarvi davanti a quell'uno/due percento di alunni che pensa con la propria testa... perchè nessuno ha insegnato loro a pensare con la propria testa.

Questo è il risultato della direzione verso cui ci si sta avviando con le ultime riforme: corsi con meno di tot alunni => chiusi l'anno successivo, perchè non producono risultati; fa niente se sono i corsi più interessanti. Ma quali sono i corsi più seguiti? Quelli più facili, quelli dove il prof pur di farti passare e farti poi dire agli amici "ehi, segui quel corso, è facile", ti dà un bel calcione nel didietro... e così sopravvivono solo i corsi più di basso livello, ed ormai putroppo è una verità.
Ho visto miei compagni d'università laurearsi che... voi non potete immaginare. E anche io, sinceramente, ho delle lacune mica da ridere, che se ci fossero stati dei corsi più tosti, dove non dico per il 18 o per il 25 (che a me personalmente non soddisfano per nulla), ma per il 30 fossero servite delle conoscenze, delle attitudini, delle capacità maggiori... sicuramente non avrei. E invece mi trovo a doverle rattoppare qua e là.


Purtroppo la Moratti - e i vari rettori, almeno il mio - stanno trasformando l'università in un esamificio: squallido
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Vecchio 25-11-2005, 14.59.36   #1282
Robbi
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Dav, da quel poco che ho capito di 'sta riforma, mi sembra che la scuola si stia riempiendo molto di parole e poco di contenuti.

A Gennaio il mio primo figlio dovra' scegliere che scuola fare... con tutti sti licei, non ci si sta a capire piu' una mazza..
Mi sa che fara' lo scientifico (tradizionale) e buonanotte suonatori!

Ultima modifica di Robbi : 25-11-2005 alle ore 15.33.53
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Vecchio 28-11-2005, 14.20.05   #1283
Ghandalf
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Trovo l'iniziativa parlamentare al limite della decenza...come si fa a pensare di mettere mano alla legge sulla confisca dei beni alla mafia!
A chi giova la cosa? Solo alla mafia ed ai mafiosi...allora perché la fanno?



Mah...


Dedico il post della domenica a Don Ciotti, un prete di quelli veri che sta in mezzo alla gente e al suo appello per salvare la legge sui beni confiscati alla mafia.

"Nel 1995, “Libera” raccolse un milione di firme per spingere il Parlamento ad approvare una riforma della legge Rognoni - La Torre che introducesse la possibilità di destinare all’uso sociale i beni confiscati alle mafie. Prima dell’entrata in vigore della legge 109/96, i beni immobili “recuperati” si contavano davvero in poche decine. Oggi, degli oltre 6.500 beni confiscati ne sono stati destinati oltre 2.500. In Sicilia sono nate molte cooperative e altre ne stanno per nascere in altre regioni. In questi primi dieci anni abbiamo toccato con mano che la confisca e l'utilizzo sociale dei beni é certamente un problema che chiama in causa la politica, è certamente un problema sociale, con una dimensione culturale non indifferente, ma è anche un problema etico e educativo. Restituire alla collettività quello che è stato frutto di violenza, di illegalità, di traffici, di sfruttamento, di morte è fondamentale.

Oggi il nostro Parlamento rischia di approvare un disegno di legge delega che vanificherebbe i risultati ottenuti. Tra i molti aspetti discutibili si prevede la possibilità di revisione, “senza limiti di tempo” e su richiesta di chiunque sia titolare di un “interesse giuridicamente riconosciuto”, dei provvedimenti definitivi di confisca. Chi potrebbe gestire – sia esso Comune o cooperativa o associazione – un bene in una simile precarietà, dopo aver speso risorse pubbliche per la sua ristrutturazione? È un regalo che viene fatto alle mafie e ai mafiosi.

Un’altra scelta discutibile, presente nel nuovo disegno di legge, è dato dall’affidamento all’Agenzia del Demanio dell’intera gestione dei beni, dal sequestro alla confisca. Ci sembra un paradosso ulteriore: in passato, è stata proprio l’Agenzia del Demanio, per le gravi carenze strutturali che ha, ad aver rappresentato un freno a tutto il processo.

Il Parlamento può correggere ancora la rotta, se recepisce alcune proposte.
La prima proposta è quella di cancellare la possibilità di revisione della confisca e da parte di “chiunque”, prevedendo la revoca con equo indennizzo nel caso di vittime di errori giudiziari.
La seconda è l’istituzione di un’Agenzia ad hoc nella quale far confluire tutte le competenze e le professionalità costruitesi in questi anni e oggi disperse in mille rivoli.
Da ultimo, occorre valorizzare il ruolo dei cittadini e delle associazioni nella promozione della legalità e nel contrasto alle mafie. Sì, perché a parole, si fa continuamente appello alla “società civile”, alle associazioni, ai giovani, ma, nei fatti, se ne cancella il loro potenziale contributo, in termini di spinta, di accompagnamento, di verifica, di controllo, di vera partecipazione.

E’ per queste ragioni che l’associazione Libera (che raccoglie più di 1200 associazioni nazionali e locali, scuole, cooperative) e molti familiari delle vittime delle mafie chiedono con un appello un serio e approfondito ripensamento, in sede di dibattito parlamentare, del disegno di legge delega AC 5362, soprattutto per quanto riguarda la possibilità di revisione dei provvedimenti definitivi di confisca, affinchè tutte le forze politiche sappiano trovare il corretto equilibrio tra la tutela dei diritti di chi subisce i provvedimenti di confisca e la necessità di sottrarre alle organizzazioni mafiose gli immensi patrimoni che accumulano ogni anno, nell’illegalità e nel sangue. Trasformando questi beni, come sta avvenendo faticosamente oggi, in segni tangibili di legalità e giustizia. "

Don Ciotti.

Aderite all'appello per email: libera@libera.it o per fax: 06/6783559


Dal blog di grillo
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Il primo e-commerce informatico italiano
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Vecchio 28-11-2005, 15.59.31   #1284
infinitopiuuno
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Trovo l'iniziativa parlamentare al limite della decenza...come si fa a pensare di mettere mano alla legge sulla confisca dei beni alla mafia!
A chi giova la cosa? Solo alla mafia ed ai mafiosi...allora perché la fanno?
cut
Non so a chi possa giovare ma un governo deve dare non dico un indirizzo generale...sarebbe troppo, ma un segnale piccolo o forte che sia, per dare speranza a chi è obbligato a convivere con la mafia.

Insomma, non solo non toccare questa legge ma migliorarla e farne altre che diano almeno una dimostrazione che lo STATO c'è e cerca di difendere i cittadini onesti.

A mio avviso la mafia è inerstipabile ma la si può "contenere"
anche facendo uso dei mass-media per convincere tutti che senza, si può vivere meglio.
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Wt sta morendo.....
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Vecchio 28-11-2005, 16.16.24   #1285
dave4mame
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Il problema è proprio questo!!! Taglia la spesa pubblica e IN PIU' non riesce a risanare i conti dello Stato.

Dove vanno a finire tutti i soldi allora? Boh!

casini e prodi hanno indirettamente dato risposta.

dichiarandosi contrari ai tagli della spesa pubblica, hanno già fatto capire che, in caso di vittoria, agli italiani verrano chiesti "ulteriori sacrifici" e stringimenti di cinghia.

ora, al di là dell'occasione persa da parte di qualche infiltrato (ma quanto sarebbe stato bello sentire in diretta una che dal fondo urlasse: "ah prodì!!!! la cintura ce la semo magnata con le cotiche!")
io mi domando "andò c-zzo pensano di andarli a prendere?" tassando ancora i redditi da lororo dipendente?
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Vecchio 29-11-2005, 02.11.12   #1286
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Piccolo "quasi" OT, per un'immagine che riempirà Exion di gioia!
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Vecchio 29-11-2005, 10.37.10   #1287
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Vi posto due editoriali molto interessanti, presi dal Corsera on-line:

Come evitare i rischi di programmismo
Cinque impegni per i cento giorni

di
Francesco Giavazzi

Nella campagna elettorale del 2001 Silvio Berlusconi assunse molti impegni con gli elettori: meno tasse, strade, ponti, posti di lavoro e così via. Tutti li ricordiamo e prima di andare a votare ognuno di noi deciderà se e in che misura il suo governo ha mantenuto quelle promesse. Come hanno osservato sul Corriere Angelo Panebianco e Dario Di Vico, chiedere che chi mira a governare assuma qualche impegno preciso è importante per varie ragioni. I programmi elettorali pochi li leggono, e nessuno li ricorda: impegni puntuali rendono invece più facile agli elettori valutare coloro per i quali hanno votato. Ma legarsi le mani con qualche impegno preciso conviene anche a chi governerà perché lo rafforza nei confronti delle mille lobby che cercheranno di bloccare la sua azione.
Comincerò quindi ponendo cinque questioni specifiche: l'azione di un governo non potrà certo limitarsi a questi pochi punti, ma è un modo per cominciare.

1) Per migliorare la qualità delle nostre università, l'unico modo è metterle in concorrenza l'una con l'altra. Chi mette in cattedra delle «capre» solo perché amici del preside o del rettore deve sapere che rischia di restare senza studenti. Ma per arrivarci bisogna abolire il valore legale della laurea, come in Gran Bretagna, dove le università sono le migliori d'Europa. Il ministro Moratti si è sempre opposto. Chi ha il coraggio di impegnarsi a farlo?

2) Per introdurre un po' di concorrenza nelle professioni è necessario eliminare gli albi. Chi ha il coraggio di cominciare cancellando uno dei più inutili ma anche dei più difficili, l'albo dei giornalisti?

3) La concorrenza dipende dalle leggi, ma anche dalla qualità e dall'indipendenza delle persone nominate a presiedere le autorità, dall'Antitrust alla Banca d'Italia. Un anno fa l'Antitrust multò Telecom Italia per abuso di posizione dominante. Quella multa fu prontamente annullata dal Tribunale amministrativo del Lazio con una sentenza che entrò nel merito della sanzione anziché limitarsi a verificarne la correttezza formale come la legge vorrebbe. Trascorse qualche settimana e il presidente di quel Tribunale fu nominato a presiedere l'Autorità per le Comunicazioni. Romano Prodi ha illustrato un progetto coerente e condivisibile di riforma delle Autorità le quali, egli osserva correttamente, sono cadute preda dei grandi monopoli. Ma i tempi per realizzare quel progetto saranno lunghi. S'impegna intanto a iscrivere all'ordine del giorno del suo primo consiglio dei ministri un decreto di cinque righe che disponga la decadenza immediata dell'attuale Governatore della Banca d'Italia? A Berlusconi è ormai inutile chiederlo.

4) L'impegno a privatizzare è in tutti i programmi. Ma in questa legislatura, anziché privatizzare, si è ricostruita l'Iri, chiamando «privatizzazioni» il trasferimento delle azioni di Eni ed Enel dallo Stato alla Cassa Depositi e Prestiti, che è di proprietà dello Stato. Chi si impegna a disporre, nel primo consiglio dei ministri, lo scioglimento della Cassa, prevedendo che le azioni che essa possiede siano collocate in Borsa? Insisto sulle privatizzazioni perché chiunque vincerà le elezioni dovrà affrontare un'emergenza conti pubblici, sia per effetto dei più alti tassi di interesse, sia perché è probabile che già nel giugno prossimo la Commissione europea ci sanzioni per aver violato anche le regole del nuovo Patto di Stabilità.
Anni fa lo Stato regalò alla Puglia l'Acquedotto pugliese, il più grande d'Europa, chiedendo solo l'impegno a privatizzarlo. Né il governatore di centrodestra, Raffaele Fitto, né il suo successore di centrosinistra, Nichi Vendola, hanno venduto una sola azione, ma lo Stato, nonostante l'evidente violazione del contratto, fa finta di nulla. Chi si impegna a decurtare dai denari che lo Stato trasferisce alla Regione, non tutto insieme, basta un po' per anno, il valore dell'Acquedotto?

5) Per osservare un mercato del lavoro che funziona bene, dove i giovani trovano lavori veri, non il precariato, e c'è poca disoccupazione, non è necessario andare Oltreoceano e copiare l'«odioso liberismo americano». Basta studiare la Danimarca, il Paese che protegge chi perde il lavoro più di ogni altro al mondo, e ciononostante ha pochi disoccupati, dimostrazione che un mercato del lavoro efficiente non richiede necessariamente di essere brutali con chi non trova lavoro. La Danimarca c'è arrivata eliminando qualunque ostacolo ai licenziamenti, soprattutto togliendo di mezzo i giudici e il diritto di chi è licenziato ad appellarsi ad un tribunale. E così le imprese danesi, sapendo che sbagliare un'assunzione non è un dramma, assumono. Certo la Danimarca non è il paradiso: capita anche che qualche imprenditore cattivo licenzi un dipendente solo perché è iscritto al sindacato. Ma neppure questo è un dramma perché i sussidi di disoccupazione sono generosi e durano tre anni. Però si perdono immediatamente se l'Agenzia del lavoro trova un posto adeguato ed il disoccupato lo rifiuta. Chi si impegna ad adottare il modello danese?
26 novembre 2005
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Le proposte di Giavazzi per i 100 giorni
La concretezza fa bene all'Ulivo

di
Dario Di Vico


E' proprio vero che si nuoce alla sinistra se le si chiede, come ha fatto su questo giornale Francesco Giavazzi, di indicare le priorità dell’azione di governo? Il centrosinistra ha la convinzione di rappresentare la maggioranza del Paese, di avere con sé le élite deluse dal berlusconismo e di aver guadagnato ampi consensi anche tra i ceti medi. E' il risultato (anche) di una politica d'opposizione che è riuscita nel capolavoro di presentare l'Unione in doppia veste: la coalizione capace di far ripartire le liberalizzazioni ma anche lo schieramento che saprà riformulare un quadro efficace di tutele e protezioni sociali. Dall'Economist ai co.co.co.
Il punto è che, avvicinandosi le elezioni, lo stato di grazia comincia a venir meno. Le cronache segnalano come gli osservatori stranieri comincino a nutrir dubbi e come i cittadini della Val di Susa, governati da amministrazioni di centrosinistra, insorgano contro la Tav infischiandosene dei leader piemontesi dell'Ulivo. L'opinione pubblica interna ed estera è diventata più esigente, non si accontenta più della satira anti- Cavaliere e preme. Di fronte a questi sintomi febbrili i medici pietosi (e interessati) invitano il paziente a far finta di nulla, a stringere i denti perché le elezioni sono vicine. Guai a produrre indicazioni precise di governo per i primi cento giorni, guai a fare i conti con le contraddizioni in seno al popolo. E' farina del diavolo.

E' questo il motivo per cui un pezzo consistente del centrosinistra finisce per indulgere al programmismo. Il programma per loro è la sommatoria delle domande sociali e la forma lessicale che prende è l'ossimoro. Due anni fa Franco Debenedetti a un convegno orvietano dell' associazione «Libertà eguale» segnalò l'abuso di formule come modernità e diritti, solidarietà e mercato, sviluppo sostenibile, in sostanza il tentativo di conciliare l'inconciliabile. Da allora la situazione non è migliorata e nei documenti programmatici si trova di tutto. Dalla «riqualificazione del waterfront » delle città di mare fino a «una moderna politica del catasto» passando per «il welfare promozionale » e «il riassetto della governance multilivello disegnata dalla Nuova Programmazione ». Quando una scelta è spinosa — metti la Bolkestein—si ricorre alla più lunga delle perifrasi e si finisce per proporre di «affidare agli ordini professionali le funzioni di formazione dei loro associati». Così si rinvia al dopo-elezioni l'ora delle scelte e ci si illude che basterà una campagna di controinformazione sul «buco di bilancio lasciatoci dalla destra» per tenere il campo.

Giavazzi ha indicato un metodo opposto. Individuare cinque provvedimenti- simbolo che il governo dell'Unione si impegna a realizzare una volta scalato Palazzo Chigi. Romano Prodi ha raccolto l'invito dicendo di «apprezzare » le proposte di Giavazzi sull'introduzione di maggiore concorrenza nel sistema universitario, l'eliminazione degli Ordini professionali, la rimozione del Governatore della Banca d'Italia, la soppressione della Cassa Depositi e Prestiti e l'adozione del modello danese nel mercato del lavoro. Cose analoghe ha detto anche Francesco Rutelli in apertura del Big Talk milanese.Ma su Liberazione Giorgio Cremaschi ha subito obiettato che se «solo alcuni dei punti suggeriti dal Corriere fossero accolti dal governo sarebbe necessario uno sciopero generale a settimana».

Tocca ora aiDs, che organizzano a partire da giovedì la Conferenza di programma, dire la loro. Nell' attesa si può osservare che la provocazione di Giavazzi ha animato il dibattito, mentre le bozze programmatiche fin qui uscite non hanno acceso alcuna passione. Curioso, no?
29 novembre 2005
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Vi posto due editoriali molto interessanti, presi dal Corsera on-line:

Come evitare i rischi di programmismo
Cinque impegni per i cento giorni

di
Francesco Giavazzi

Nella campagna elettorale del 2001 Silvio Berlusconi assunse molti impegni con gli elettori: meno tasse, strade, ponti, posti di lavoro e così via. Tutti li ricordiamo e prima di andare a votare ognuno di noi deciderà se e in che misura il suo governo ha mantenuto quelle promesse. Come hanno osservato sul Corriere Angelo Panebianco e Dario Di Vico, chiedere che chi mira a governare assuma qualche impegno preciso è importante per varie ragioni. I programmi elettorali pochi li leggono, e nessuno li ricorda: impegni puntuali rendono invece più facile agli elettori valutare coloro per i quali hanno votato. Ma legarsi le mani con qualche impegno preciso conviene anche a chi governerà perché lo rafforza nei confronti delle mille lobby che cercheranno di bloccare la sua azione.
Comincerò quindi ponendo cinque questioni specifiche: l'azione di un governo non potrà certo limitarsi a questi pochi punti, ma è un modo per cominciare.

1) Per migliorare la qualità delle nostre università, l'unico modo è metterle in concorrenza l'una con l'altra. Chi mette in cattedra delle «capre» solo perché amici del preside o del rettore deve sapere che rischia di restare senza studenti. Ma per arrivarci bisogna abolire il valore legale della laurea, come in Gran Bretagna, dove le università sono le migliori d'Europa. Il ministro Moratti si è sempre opposto. Chi ha il coraggio di impegnarsi a farlo?

2) Per introdurre un po' di concorrenza nelle professioni è necessario eliminare gli albi. Chi ha il coraggio di cominciare cancellando uno dei più inutili ma anche dei più difficili, l'albo dei giornalisti?

3) La concorrenza dipende dalle leggi, ma anche dalla qualità e dall'indipendenza delle persone nominate a presiedere le autorità, dall'Antitrust alla Banca d'Italia. Un anno fa l'Antitrust multò Telecom Italia per abuso di posizione dominante. Quella multa fu prontamente annullata dal Tribunale amministrativo del Lazio con una sentenza che entrò nel merito della sanzione anziché limitarsi a verificarne la correttezza formale come la legge vorrebbe. Trascorse qualche settimana e il presidente di quel Tribunale fu nominato a presiedere l'Autorità per le Comunicazioni. Romano Prodi ha illustrato un progetto coerente e condivisibile di riforma delle Autorità le quali, egli osserva correttamente, sono cadute preda dei grandi monopoli. Ma i tempi per realizzare quel progetto saranno lunghi. S'impegna intanto a iscrivere all'ordine del giorno del suo primo consiglio dei ministri un decreto di cinque righe che disponga la decadenza immediata dell'attuale Governatore della Banca d'Italia? A Berlusconi è ormai inutile chiederlo.

4) L'impegno a privatizzare è in tutti i programmi. Ma in questa legislatura, anziché privatizzare, si è ricostruita l'Iri, chiamando «privatizzazioni» il trasferimento delle azioni di Eni ed Enel dallo Stato alla Cassa Depositi e Prestiti, che è di proprietà dello Stato. Chi si impegna a disporre, nel primo consiglio dei ministri, lo scioglimento della Cassa, prevedendo che le azioni che essa possiede siano collocate in Borsa? Insisto sulle privatizzazioni perché chiunque vincerà le elezioni dovrà affrontare un'emergenza conti pubblici, sia per effetto dei più alti tassi di interesse, sia perché è probabile che già nel giugno prossimo la Commissione europea ci sanzioni per aver violato anche le regole del nuovo Patto di Stabilità.
Anni fa lo Stato regalò alla Puglia l'Acquedotto pugliese, il più grande d'Europa, chiedendo solo l'impegno a privatizzarlo. Né il governatore di centrodestra, Raffaele Fitto, né il suo successore di centrosinistra, Nichi Vendola, hanno venduto una sola azione, ma lo Stato, nonostante l'evidente violazione del contratto, fa finta di nulla. Chi si impegna a decurtare dai denari che lo Stato trasferisce alla Regione, non tutto insieme, basta un po' per anno, il valore dell'Acquedotto?

5) Per osservare un mercato del lavoro che funziona bene, dove i giovani trovano lavori veri, non il precariato, e c'è poca disoccupazione, non è necessario andare Oltreoceano e copiare l'«odioso liberismo americano». Basta studiare la Danimarca, il Paese che protegge chi perde il lavoro più di ogni altro al mondo, e ciononostante ha pochi disoccupati, dimostrazione che un mercato del lavoro efficiente non richiede necessariamente di essere brutali con chi non trova lavoro. La Danimarca c'è arrivata eliminando qualunque ostacolo ai licenziamenti, soprattutto togliendo di mezzo i giudici e il diritto di chi è licenziato ad appellarsi ad un tribunale. E così le imprese danesi, sapendo che sbagliare un'assunzione non è un dramma, assumono. Certo la Danimarca non è il paradiso: capita anche che qualche imprenditore cattivo licenzi un dipendente solo perché è iscritto al sindacato. Ma neppure questo è un dramma perché i sussidi di disoccupazione sono generosi e durano tre anni. Però si perdono immediatamente se l'Agenzia del lavoro trova un posto adeguato ed il disoccupato lo rifiuta. Chi si impegna ad adottare il modello danese?
26 novembre 2005

(Y) Proprio l'articolo che avevo letto due giorni fà sul corriere della sera!

Bravo Nikzeno
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Wt sta morendo.....
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Vecchio 29-11-2005, 11.13.53   #1290
Ghandalf
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Concordo pienamente su quasi tutto, sulle università assolutamente con l'aggiunta che 5 anni che per la maggior parte degli studenti ormai sono 6 sicuri e di più per il 48% degli iscritti italiani...sono troppi!! E non insegnano nulla! Così si esce tra i 25 ed i 30 anni e si deve cominciare con gli stage (sfruttati dalle aziende per avere lavoratori giovani e nuovi ogni tre o sei mesi senza pagarli) o, peggio, con i master da 15000 EURO. Mentre gli inglesi si laureano a 22/23 anni e a 25 anni hanno già almeno 2 anni di esperienza lavorati o master alle spalle (come facciamo a competere?) ed il voto di laurea E' indicativo della qualità dello studente! Qui il 110 e Lode lo prendono cani e porci... su cosa si basa un'azienda che fa uno screening per cercare persone valide?

GLi albi professionali...inutile parlarne inutili e utilizzati solo come strumenti per rendere meno accessibile la professione...visto che uno si fa mediamente 7 anni di università mi pare giusto che debba studiare altri 2 anni tra tirocinio et al per abilitarsi...scandaloso!


La danimarca è un altro universo copiarne il sistema non funzionerebbe...sono pochi e molto ricchi...si possono permettere di pagare uno stipendio completo alle mamme madri e pagare la gravidanza sia alla madre che al padre quando nasce un figlio...qui un sistema così non funzionerebbe...aggiungerei che sono persone civili.
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