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#31 | |
Guest
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![]() Diciamo che sono a metà strada tra il punto di partenza e quello di arrivo ![]() Comunque dall'anno scorso mi sono molto riconciliato con L'Italia, dopo i 4 mesi passati nella "mia" Francia... E' molto più bella l'Italia se fai un passo indietro e la guardi da una certa distanza. Quando ci sei dentro... Beh, si è troppo presi dai particolarismi propri e altrui ![]() ps: riconciliato con l'Italia, certo, ma non con le sue ferrovie. Quello è materialmente impossibile... Mi sto facendo una piccola statistica personale: negli ultimi 3 mesi, ho viaggiato su 10 treni, accumulando in tutto 5 ore di ritardo. E non parlo di "lineette", ma di tratte come Milano-Torino, Milano-Genova e Genova-Nizza ![]() Altro che le statistiche ufficiali, secondo cui il 96% dei treni non supera i 5 minuti di ritardo ![]() Ultima modifica di exion : 21-03-2004 alle ore 12.59.28 |
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#32 |
Guest
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C'era un treno Intercity che partiva da Venezia intorno alle 16, passava da Milano alle 19.10, e arrivava sino nel ponente ligure, a Ventimiglia, alle 23.
Questo treno esisteva, seppure con orari leggermente diversi, da almeno 25 anni. Era il "rapido della sera" che dal Nord-Est portava in riviera. Non esiste più. Adesso c'è un IC che da Venezia va a Milano, un altro Intercity che da Milano va a Genova, e poi da Genova si prende l'Intercity che arriva da Roma.... In sostanza, 3 treni laddove prima ne bastava uno solo ![]() ![]() Ah, ovviamente ieri il treno è arrivato a Sanremo in ritardo di un buon quarto d'ora, ma questo ormai cosa lo dico a fare? ![]() Se i risultati della "cura Cimoli" sono questi, povera Alitalia! :anger: |
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#33 |
Guest
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a proposito di treni...
fonte www.indignato.it Il treno dell'orrore Ore 1:10, stazione di Genova Brignole, giovedì 13 maggio 2004. Sono in attesa, con due colleghi di troupe, dell’ICN che da Genova ci riporterà a Roma. La notte è frizzante e le giornate di lavoro sono state sfiancanti. Ecco l’annuncio: Quaranta minuti di ritardo. Delusione. Ci si chiede come sia possibile che un Intercity Notte accumuli un ritardo nel solo tragitto Torino-Genova, ma soprassediamo e restiamo in attesa. Quindi, alle 2:00 il secondo annuncio. Novanta minuti di ritardo. Ora la faccenda comincia a diventare seria. Qualcuno abbozza una spiegazione: a Torino si giocava il ritorno di Coppa Italia, Juventus-Lazio. Per me resta, a maggior ragione, un ritardo immotivato. Il treno giunge in stazione alle 3:20 circa. Ci hanno pagato, anziché le cuccette, biglietti di prima classe, così montiamo sul treno caricando l’attrezzatura e scopriamo subito che c’è qualcosa che non va. A parte l’odore, il convoglio pullula di tifosi - chiamiamoli così, anche se non è il termine corretto - e la prima classe è occupata interamente, inclusi i nostri tre posti che pure riportano palese il tagliando di prenotazione. Mi reco dal controllore e questo mi dice che non ci può fare nulla, al massimo mi fa una segnalazione per il rimborso dei tre euro di prenotazione. Furente, lascio i miei due colleghi con l’attrezzatura, percorro lo scompartimento di prima e arrivo all’altra carrozza: fumo, polvere, aria irrespirabile. In terra un estintore svuotato, nell’aria quello che era il suo contenuto. Un tipo mi incrocia, sta fumando una sigaretta, mi guarda e mi dice: “Non ti consiglio di andare di là”. Mi convince. Ripercorro a ritroso la carrozza: dalla parte opposta la situazione è ancora peggio. Così mi unisco ai miei colleghi e quindi al controllore. Sono giornalista pubblicista, gli dico. Abbiamo una troupe attrezzata e voglio girare un servizio su quello che sta succedendo. Mi rilascerebbe un’intervista? La sua risposta è perentoria. No. Non posso, per ordine dell’azienda. Le sue parole mi colpiscono: non voglio mica fare la fine dei miei colleghi che hanno parlato a report: quattro di loro sono stati licenziati in tronco per aver parlato con giornalisti. Da privato potrei rispondere, ma finché indosso questa divisa sono tenuto al silenzio stampa. Ed è meglio così. Indago, a telecamere spente. In sostanza, pare che la polizia abbia ordinato di aprire il treno a tutti i tifosi che premevano per occuparlo, ovviamente perlopiù senza biglietto e naturalmente senza prenotazione. Il risultato è che il treno comincia a percorrere il suo tragitto da Torino Porta Nuova a Roma Termini senza che ci sia la minima scorta agli ultrà, mescolati alla gente comune. Niente polizia, sul convoglio. Niente PolFer. Niente di niente. Riflettiamo sul fatto che forse non è il caso di tirare fuori l’attrezzatura per fare le riprese, onde evitare problemi. C’è gente che dorme sulle retine portabagagli, tifosi che ancora intonano qualche canto, che fumano, ignorando le direttive di Sirchia - e senza che nessuno si preoccupi di farle rispettare - persone normali, che magari non capiscono nulla di calcio: si guardano intorno a metà fra lo spaventato e l’indignato, senza osare accennare la benché minima protesta. Riusciamo a trovare una specie di ripostiglio in cui stipare l’attrezzatura, ma pare non sia possibile chiuderlo: un altro controllore ci dice che non può assicurarci che a Roma Termini ci sia qualcuno per aprirlo. Non capiamo ma ci adeguiamo. La notte scorre lungo i binari e vari pensieri si susseguono come le stazioni - ognuna delle quali conferma e aumenta il ritardo - mentre dormo, un po’ in terra, un po’ nello sgabuzzino con telecamere, luci e stativi, un po’ in piedi. Il senso di impotenza domina su tutto. La rabbia di sapere che avrei il dovere di documentare per immagini quello che invece sto solo scrivendo e la consapevolezza che sia meglio evitare di girare e palesarci come troupe, per non scatenare strani meccanismi. L’atmosfera è pesante, anche se alcolica e contrappuntata da qualche respirazione non proprio agevole, di quelle da fumatori incalliti. Anzi, l’atmosfera è molto pesante e sopra al dovere di cronaca mi pare venga il dovere di non aizzare animi e teste calde. Il secondo pensiero è per i tifosi, per il calcio. Non riesco a concepire che la vita di persone normali che devono prendere un treno - per lavoro, per piacere, per qualsiasi fatto o evento privato - debba essere interrotta perché c’è una partita di calcio. Ed è perfettamente inutile che mi si dica: sono i soliti facinorosi. Sono sempre i soliti facinorosi. E francamente, il pallone ha rotto le palle. Decreti spalmadebiti, scommesse clandestine, doping, violenze. A porte chiuse, giocassero a porte chiuse. Questo il commento che si sente e con il quale, tutto sommato, mi trovo quasi d’accordo. E il terzo pensiero è per le parole del controllore. Non siamo liberi. Semplicemente non siamo liberi. Io mi trovo per caso nel convoglio bestiame dedicato al trasporto della carne da macello che ha assistito a una partita e che poi per festeggiare la vittoria non ha saputo fare meglio che sfasciare un treno. Poco male, cos’è in fondo un paio d’ore di ritardo e un treno distrutto, in confronto all’enorme beneficio di garantire un po’ di controllo sociale e di sfogo delle tensioni attraverso il calcio? Chi sta su quel treno ha paura di parlare di ciò che è successo e forse anche di ciò che pensa della situazione. Io mi sento impotente, e quando scendo a Roma, sfinito, lo sventolio delle bandiere e i cori - che peraltro echeggiano di sapori tardo-fascisti, con inneggiamenti al duce, tricolori littoriani e croci celtiche - mi procura un lungo, permanente conato di vomito. E un sollievo per il fatto che, in fondo, non è successo nulla. Probabilmente, nulla da meritare di finire su un giornale. Quindi, proprio nulla. |
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#34 |
Forum supporter
Registrato: 06-03-2002
Loc.: out of sight . . Status: renaissance
Messaggi: 1.982
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Che tristezza...
![]() Veramente desolante, e il più è che accade più spesso di quanto i giornali raccontino...
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Non farti più amici di quanti non possa tenerne il cuore. J. De Valckenaere Per raro che sia il vero amore, è meno raro della vera amicizia. F. de La Rochefoucauld Non chiedere a me il perchè, chiedi a te stessa cosa hai fatto e come hai rovinato tutto. |
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